La mostra si può pensare come organismo complesso, un insieme di elementi che collaborano a veicolare un pensiero di diversa natura, che sia critica, filosofica, morale. Quando sono molteplici i punti di vista, nel caso delle esposizioni collettive, è ovvio come per trasmettere un messaggio univoco e in accordo serva un nucleo attorno al quale gli artisti gravitino, come un vortice attorno al suo occhio.
SAC presenta la mostra collettiva Poli, raccogliendo le opere di 19 artisti che durante la loro carriera hanno esposto alla galleria Maelström di via Ciovasso 17 a Milano. L’esposizione si incentra attorno alla memoria di Luca Poli, gallerista nonché attore dell’arte contemporanea che ha condotto il suo lavoro, assieme a Rita Marziani, cercando di attrarre nel suo spazio creatori e fruitori del contemporaneo, con la speranza di trasmettere l’affascinante complessità che lo permea.
La galleria, intitolata omaggiando il racconto di Edgar Allan Poe Discesa nel Maelström, ha saputo mostrare la sua natura ibrida e complessa: mai statica o unilaterale è divenuta un progetto itinerante nel 2012 ampliandosi anche a servizio di Art Advisory, mantenendo sempre a cuore la causa del sostegno ai giovani artisti e alla varietà espressiva dei loro approcci. Come per la mostra Estro che inaugurò la galleria del 2010, anche Poli ha l’obiettivo di dare voce agli artisti attraverso il loro personale linguaggio senza un particolare filo conduttore, anzi enfatizzando la Varietà di media e tipologie di rappresentazione e proponendo allo spettatore un percorso libero, invitandolo a perdersi ancora una volta in quel Maelström di materie, forme e dimensioni, in equilibrio tra lo spaesamento e il fascino.
È la scultura ad aprire l’esposizione, L’ordine delle cose è l’opera di Andrea Cereda che attraverso la sua composizione racconta l’ordine geometrico dietro alla nostra realtà. La regola armonica che lega la pietra, ancorata al suolo, alle forme in metallo su muro che, simili a frammenti di un aeroplano, dialogano con lo spazio con paradossale leggerezza. L’installazione Under Water di Alice Olimpia Attanasio comprende due dipinti e alcune sculture che vogliono portare a riflettere sulla condizione dei pesci, parte fortemente a rischio nel nostro ecosistema qui rappresentata fuori dal suo ambiente naturale in figure ceramiche oppresse dal cemento, decapitate o ritratte sofferenti sulla tela. L’opera di Guido Airoldi conclude la sezione scultorea disseminata nella mostra. Lèmene riproduce in maniera mimetica, attraverso carta su tela e tavola, la pietra ammonitica utilizzata per recintare gli appezzamenti di terreno della Lessinia, tessendo un rapporto analogico tra scultura e territorio. Repentino il vortice porta dal tridimensionale alla fotografia, Mise en abyme: la rovina nella rovina di Nicola Bertellotti si interpella sulla “messa in abisso”, fenomeno narratologico di reduplicazione dell’immagine che l’artista sfrutta per costruire un racconto sulla rovina nella rovina, l’affresco consunto che riflette lo spazio fatiscente attorno a esso. Anche Tommaso Fiscaletti utilizza il medium fotografico per raccontare gli spazi da un punto di vista percettivo. Mute #11 trasporta lo spettatore dal visuale all’uditivo ritraendo il dialogo tra la giostra e la natura circostante, un contesto rumoroso e dinamico che viene fermato e “messo in muto” attraverso la sua immagine. La figura femminile è al centro dell’opera di Sara Giannatempo che espone il dittico Filles a parties, Filles d’amour, Filles en circulation dalla serie “Una Nuova Schiavitù”, composizione che con linguaggio cinematografico propone un campo e controcampo tra le lavoratrici di un bordello e un cliente di rilievo dal volto coperto, in una sorta di tableau vivant narrativo degli anni ‘30. Francesco Minucci riflette sul tema della maschera presentando la serie “Reality Show” in cui diversi personaggi interrogano lo spettatore sulla sostenibilità dell’apparenza agli occhi della società, evidenziando espressivamente la funzione dell’ “abito per il monaco”. Vincenzo Todaro compie un passo ulteriore dal medium fotografico, con girl, child and doll della serie “DSPR” sembra evocare un’immagine residua, la rappresentazione di una fotografia in cui la forma umana sublima come erosa dal tempo e dalla pittura che colando ha lasciato la sua traccia indelebile. Nella varietà degli approcci pittorici, sono alcuni i temi comuni a più artisti. La Natura, ad esempio, è osservata da più punti di vista nelle opere di Ilaria del Monte, Matteo Nannini e Gaia Lionello. Ilaria del Monte nelle tre opere La piccola camera fiamminga, Doppia Fuga e Risvegli racconta del rapporto quasi simbiotico tra il corpo e la Natura secondo la caducità che li accomuna, in una rappresentazione figurativa e luminosa arricchita di riferimenti alla simbologia cristiana e alla mitologia classica. Matteo Nannini in Riposo nel giardino dell’Eden e Adamo della serie “Giardini” dipinge una realtà vegetale idillica e sgargiante, un luogo lontano dal caos del nostro mondo urbanizzato in cui l’uomo possa riscoprire le sue sensazioni più primordiali e nude a contatto con altre specie. Gaia Lionello, d’altra parte, propone una visione più cruda quanto realista. In Terre Sospese rappresenta scorci di Natura isolata, lontana dalla convivenza con l’uomo, dove una sottile nebbia dipinta lascia intravedere i nodi lignei della tavola. In Save the Tree una figura umana trasporta l’ultimo albero sulla sua barca, quasi a costruire un legame narrativo con quelle Terre Sospese in cui nemmeno isolata la Natura è riuscita a salvarsi dal suo carnefice, ora costretto a redimersi. Una posizione critica è assunta anche da Fabio Presti che nella serie House on Mars rappresenta rigidi edifici calati in spazi metafisici e sabbiosi, evocando una realtà extraterrestre abitata dall’uomo, frutto di una migrazione climatica a seguito della fine catastrofica del nostro pianeta. Con sguardo più formale, l’opera di Tina Sgrò REPERTI propone uno scorcio urbano in cui una luce pulviscolare graffia lo spazio rappresentato, restituendone un’immagine consunta e ai limiti della figuratività, priva di presenza umana. Con Imparando a Volare, Armando Fettolini offre allo spettatore la sua visione di leggerezza, lontana dalla rappresentazione di un soggetto l’opera appare come una superficie in cui la materia increspata sembra volersi staccare dal supporto. Anche Omar Canzi utilizza un approccio polimaterico e informale. In UNTITLED l’artista sembra replicare la superficie di un muro arricchito da manifesti strappati e virulenti segni di colore, inquadrando una porzione di realtà urbana. La seconda opera, The Bluest Light, rappresenta una sintesi astratta dell’estetica Street Art secondo il personale punto di vista dell’artista, che allude al graffito attraverso il colore e la rapidità spontanea del gesto pittorico. Ancora attraverso un linguaggio ibrido, Elena del Fabbro propone un racconto che inizia con i collage digitali esposti alla galleria Maelström e si conclude con l’assemblaggio analogico di Punto di Dolore. Una sorta di evoluzione materica che apre allo spettatore la piena potenzialità interpretativa, ponendolo davanti a un immaginario onirico popolato da figure distorte. Non mancano artisti dal gusto fortemente grafico. Erica Campanella in Sentimento e Verità rappresenta il fiore come l’oggetto puro di una bellezza perduta, ritratto attraverso un filtro nostalgico ed evocativo che sembra farlo sbocciare e illuminare di luce propria . Willow con Assolo e Jungle Floor esplora un’estetica Neo-Pop in dialogo con il fumetto e il design. Le sue composizioni appaiono sature e smaltate interagendo con lo sguardo dello spettatore, facendolo rimbalzare ininterrottamente da una parte all’altra colpito da una frenesia di colori. Arianna Piazza nei suoi Senza Titolo porta uno studio autobiografico sul corpo che deformato dà vita a mostruosi assemblaggi biologici. I disegni furono infatti realizzati dall’artista in un periodo di particolare difficoltà legata alla sua maternità e vogliono rappresentare come il disagio interiore possa trasformare il nostro strato più esterno.
Nella sua pluralità di visioni, Poli presenta una realtà condensata. Un ritrovo di artisti che durante gli anni hanno costruito il racconto espositivo della galleria Maelström, riuniti in un istante e in uno spazio comune per onorare la memoria di chi in qualche maniera gli ha permesso ancora una volta di esprimersi, Luca Poli.
Pietro Salvatore
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