Ritual Denim – Elena Monzo
MOSTRA PERSONALE
Ritual Denim – Elena Monzo
MOSTRA PERSONALE

Dettagli esibizione

Disciplina artistica: Pittura

Abitiamo una realtà in cui il Rito è ridotto a ripetizioni asettiche di gesti, svuotato della carica simbolica che gli è sempre appartenuta. Ibridazione, copia e stratificazione sono i mezzi con cui Elena Monzo propone un nuovo sguardo sulla ritualità, tentando di risvegliare quel Desiderio che da troppo tempo è rimasto in noi sopito: la volontà di guardare e credere in ciò che vediamo.

Ritual Denim è la prima mostra personale di Elena Monzo all’interno dello spazio post-industriale di SAC, un’esposizione di 30 opere, eseguite dal 2014 a oggi, che trasportano il fruitore in un vorticoso dialogo con figure a metà tra il mito e il contemporaneo arricchite con indumenti e gioielli, evocate da un’ampia varietà di medium: dalla carta Washi alla calcografia, dalla ceramica ai tessuti tra i quali il denim, materiale con cui l’artista ha realizzato le quattro opere inedite che costituiscono uno dei nuclei fondamentali della mostra. Il percorso si sviluppa tra le principali serie elaborate dall’artista nel corso degli anni allo scopo di proporre una visione la più ampia possibile sulla sua varietà espressiva e sulla sua ricerca.

I soggetti di Elena Monzo sembrano provenire da un mondo altro fluttuando tra realtà, immaginario e narrazione antica in danze dalle pose manieriste e contorte le quali rispecchiano la sua ricerca nel campo della ritualità. Attraverso questi moti vorticosi le figure cangiano incastrandosi e ibridandosi fra loro in forme, colori e materie nuove in una fusione che evoca di continuo nuovi soggetti dove già ne sono presenti altri. Non solo l’estetica, anche la sostanza di queste figure è in continuo cambiamento: nel loro dinamismo figurativo, queste donne archetipiche compiono una metamorfosi divenendo Icone. E’ il caso di Chloe, una figura indissolubilmente legata al mito, i cui indumenti impongono un’energia attuale sulle forme antiche e centauriche della creatura, eliminando qualsiasi rimando macabro e mutandola in un soggetto potenzialmente destinato a qualche manifesto o copertina di una rivista di moda: un soggetto Cronenberghiano addomesticato. Il dialogo tra antico e attuale è molto presente in Rugiada, una delle poche opere direttamente su tela, che raffigura un essere in ginocchio dalla cui schiena spunta un apparato vegetale. Il suo dorso, ricco di occhi, guarda nostalgico al passato, a una realtà a noi invisibile, la sua forma invece va oltre l’umano, spinta verso un futuro incerto. Un contemporaneo alter-ego del provvidenziale Giano bifronte. Quello di Elena è un processo di alleggerimento dei soggetti, dove la ripetizione rituale di pose, colori e forme sembra voler affermare un nuovo immaginario collettivo, un pantheon di creature cariche di una nuova femminilità: nuove Icone per un presente privo di idoli.

Supporto, Medium, Tecnica sono solo tre delle parole utili per sondare la complessità materiale delle opere di Elena Monzo. Da dieci anni a questa parte l’artista ha indagato svariate tecniche, dal bidimensionale al tridimensionale, senza mai stabilizzarsi su una, ma stratificando e ibridando vari processi. La Carta è spesso protagonista della sua produzione: moltissime sue varianti, di texture, colori e stampe differenti, si stratificano sulle sue opere andando a vestire le figure rappresentate.
Un medium che diventa simbolo di quella complessa leggerezza che contraddistingue la sua estetica. Per sostenere il peso dei collage, il supporto viene spesso reintelato o rinforzato con materiali rigidi, tra cui il Forex della serie Korova Milk, ponendo la carta sempre in primo piano, a costituire il volto dell’opera. Nelle produzioni in serie, come calcografie e serigrafie, la carta apre un dialogo intimo con le figure che la popolano, senza limitarsi alla semplice iterazione della composizione. Anche nelle stampe l’artista riafferma la sua volontà di rendere unici e iconici i soggetti, mettendo in gioco “quella regola non rispettata della calcografia” per cui “le copie da me stampate finiscono sempre per tornare ad essere degli originali, grazie ad interventi post-stampa come foglia oro, acquarello o inchiostri”. Nella sezione della mostra dedicata alle stampe si trova Moonzoo, in cui una sacerdotessa con un copricapo a testa di lupo sembra rivolta verso l’osservatore, ostentando la sua unicità e opponendosi alla pudicizia, una copia comune che diventa matrice iconica, proponendosi come ponte tra l’arte sciamanica e il pop contemporaneo.

Il Denim è un materiale inedito, che l’artista ha declinato in svariati modi per la realizzazione dei suoi ultimi lavori. Tessuto nato per il lavoro manuale, è entrato a far parte del vestiario casual nel corso del XX secolo e viene analizzato con metodo quasi archeologico nei lavori in mostra, integrandolo nell’opera d’arte, donandogli un’ulteriore funzione estetica. Nel nucleo di opere compare Ritual Denim, che dà il titolo all’esposizione, un’enorme tela in denim ricca dei personaggi di Monzo, creata a partire dalla collezione di capi realizzati con le stesse opere incise a laser grazie alla collaborazione con il Development Center della Candiani Denim, azienda leader nel settore, con il cui tessuto sono stati realizzati gli stessi capi della capsule collection per SAC. Lo stesso tessuto è stato utilizzato dal sarto Vasco Inzoli, che ha realizzato tre capi da lavoro impreziositi poi dai gioielli di Luiss.

Tra le quattro tele inedite c’è Coraline Korallion, opera in cui la figura, contorta in un rito, sembrerebbe far nascere dal suo corpo un corallo, elemento prezioso che in questo lavoro viene dipinto, e non aggiunto sulla superficie. Il denim qui costituisce la bordatura della tela, il frame che delimita e chiude la figura in uno spazio stretto che persino lei sembra patire.
Non solo nelle opere grafiche e pittoriche, anche in quelle scultoree come ceramiche e cuscini, Elena Monzo sembra pescare da quell’effetto vertigo di cui parla Celant, concependo i suoi lavori come complesse ibridazioni e stratificazioni tra medium (1).

Il tema del Viaggio è portante e duplice nella poetica dell’artista. Sono numerose le sue esperienze compiute all’estero, specialmente presso residenze di artisti che le hanno permesso di arricchirsi, per poi importare nella sua produzione materiali e concetti nuovi. Durante la sua residenza a Shanghai scopre la carta Washi, utilizzata per alcune delle sue opere come Washi, in cui la composizione, fortemente verticale, accoglie un dialogo tra figure segniche e caratteri orientali, chiusi da un’elegante bordatura. Attraverso il progetto con La geografia della trasformazione, in collaborazione con la fashion designer trevigiana Cristina Battistella, le sagome affermate sulla carta Washi si proiettano su materiali quieti e sostenibili come seta e tulle in una serie di outfit che in mostra vengono esposti proprio in dialogo con la carta, evidenziando l’importanza della relazione tra arte e moda radicata nella poetica dell’artista. In Giappone apprende la maestria nel trattare i materiali, riflettendo sulla dicotomia tra arte e artigianato, una distinzione tipica del pensiero occidentale. In Libano vive in prima persona l’ibridazione tra culture differenti, altro elemento spesso allegorizzato nelle sue opere. Non solo come esperienza, il Viaggio è tema cardine delle fasi creative e progettuali dei lavori dell’artista. Nel Rito della Preparazione, le sue figure nascono dalla ricerca e dalla raccolta di immagini, evocate nude sul supporto, al loro stadio primordiale. Segue il processo di metamorfosi attraverso l’indumento: l’artista veste le sue figure, le arricchisce e dona loro un’identità tramite la sovrapposizione di carte e accessori preziosi, lasciando respirare il soggetto originale e fermandosi prima della soglia obnubilante del kitsch.
Alla luce di tutto questo, l’arte di Elena Monzo non si può di certo definire concettuale. Nonostante ciò, si trova spesso a riflettere su elementi simbolici ricorrenti che emergono in maniera evidente dai suoi lavori. Nel motivo della ritualità e della trasformazione gli accessori assemblati sulle opere, concepiti dall’abilità artigianale di Luiss Perlanera, divengono talismani carichi di un’energia magica che le sacerdotesse evocate dall’artista controllano. Fiori, stelle e ragni preziosi, sono i talismani di Frida, la adornano portando la sua rappresentazione fuori dall’opera, come ponti tra l’immagine e il reale. Così Frida Kahlo, figura celebre nella cultura contemporanea, rinnova la sua unicità attraverso la stratificazione, divenendo una Neo-Icona portatrice di simboli intimi e forti come la maternità. Un altro tema indagato spesso dall’artista è lo sdoppiamento, visto come dialogo coerente tra due copie: Sintetik, un’altra tra le tele inedite bordate in denim, recupera un soggetto dall’iconografia dei Die Antwoord, in cui i due artisti si fondono in un essere unico e androgino.
L’opera si configura come sintesi, appunto, del tema del gemello affrontato nel 2014 con Bo&Bo, che viene dunque a risolversi dieci anni dopo: i twins diventano una sola figura ibrida, nella forma e nella sessualità. Elena Monzo propone una fuga dalla decadenza esasperante che il tempo sta patendo, cercando, come canta Battiato, “nei ritmi ossessivi la chiave dei riti tribali”.

(1) Celant Germano, Artmix. Flussi tra arte, architettura, cinema, design, moda, musica e televisione, Feltrinelli, 2021.

 

Testo critico di Pietro Salvatore

BIOGRAFIA

Elena Monzo nasce a Orzinuovi (BS) nel 1981. Laureata in Pittura all’Accademia di Brera nel 2005, si specializza in tecniche grafiche come Mastro Incisore. Già nel 2002 partecipa alla mostra collettiva del Museo della Permanente di Milano: Salon I per poi iniziare nel 2006 la sua carriera all’estero con la mostra Obra Sobre Papel alla Galleria Mito di Barcellona. Tra le collettive più importanti a cui ha partecipato: in Germania nel 2008, Junge Italienische Kunst alla Galerie Blinz&Kramer di Colonia, Fall Forward, nella sede di New York di Sara Tecchia nel 2009 e molte altre a seguire tra cui alcune Biennali, quella di Postumia nel 2010 e quella di Soncino del 2019, sino alle più recenti quali Super S.H.E da Giovanni Bonelli a Milano nel 2028, HUMAN NATURE, alla Galerie Marek Kralewski di Friburgo e le due mostre tenutesi al SAC Profili e Venus in Furs del 2023 e 2024. Dal 2010 al 2024 le opere di Elena sono state esposte in fiere importanti come la Scope di Basilea, New York e Miami, Beirut ArtFair, Art Verona e ArteFieraBologna. L’artista ha avuto spazio non solo in contesti collettivi, ma anche in mostre personali quali Inside, alla Bonelli Contemporary di Los Angeles nel 2007, La Dolce Vita e Dark Venice alla TZR Gallery di Dusseldorf nel 2010 e 2014, Moon Zoo e Stranger Things alla Gilda Contemporary di Milano nel 2017 e 2024 e Silk, La via della Seta all’Ex Filanda Meroni di Soncino nel 2018. Molta importanza hanno le sue esperienze nelle residenze d’artista, in cui Elena ha raccolto nuovi elementi, concettuali e materici, per la realizzazione delle sue opere: Kurashiki in Giappone nel 2013, Beirut, Libano nel 2014 e Shangai con The Swatch Art Peace Hotel nel 2015. Infine i premi, tra cui il Premio Italian Factory per la giovane pittura italiana tenutosi al Superstudio-più di Milano nel 2004, la partecipazione al Premio Cairo nel 2010 e il più recente Premio Combat del 2020.

 

COMUNICATO STAMPA